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Channel: La Lentezza » Itaca
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Il naufragio!

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Vabbé… è andata. Credo sia ciò che direi qualora mi ritrovassi nella condizione di naufrago ed approdassi, dopo diverse ore in ammollo, sulla spiaggia di un’isola deserta che non è l’agognata Itaca. Cioè, valuterei il pericolo peggiore come scampato. Mi sollazzerei momentaneamente per non essermi congelato, inumidito sino al midollo, annegato, diventato spuntino per pescecani ed orche, urticato da gigantesche meduse, trascinato dalle piovre nelle profondità abissali, insomma, mi congratulerei con la mia buona sorte per avermi consentito di riconquistare la posizione eretta sul solido bagnasciuga. l'isolaPoi, smaltita l’euforia per la salvezza, comincerei a guardarmi d’intorno, interrogandomi su cose del tipo, ed ora che mangio, ci sarà da bere da queste parti, un bar, una trattoria, una libreria, anche solo un chioschetto dei gelati, un po’ di musica… E no, l’isola è deserta, era questa la premessa. Allora, bene, ma è necessario cominciare ad organizzarsi, un po’ di tempo c’è. Il posto è ameno, non ci sono bertucce satrapiche, ne oranghi urlanti, forse qualche omino verde che marca il territorio con i propri feromoni fumanti; ma basterà qualche bella passeggiata su spiagge incontaminate tra palme di cocco e datteri, mari ricchi e pescosi, per sentirmi serenamente affratellato al resto del mondo? No… mi sa proprio di no! Insomma, fuor di metafora, dopo queste elezioni, non v’è dubbio che qualche soddisfazione me la sia presa – il bello delle elezioni è, in effetti, che c’è sempre qualcuno che perde. Ma andare oltre è cosa assai diversa dall’oltre spesso abusato. Ci vuole una ricostruzione sistematica d’una condizione nuova, un ripensamento complessivo del tutto d’intorno, ci vuole un rifugio, nutrimento per il corpo e l’anima e, mi dispiace, ma la semplice proposizione del demiurgo, non è, da questo punto di vista, la soluzione salvifica definitiva. Si rischia di starsene sulla riva a contare le maree, sperando che qualcuno, da lassù, non la mandi giù in forme di uragani tropicali, rispedendoci in ammollo. E per questo è necessario trovare riparo, la tribù che da qualche parte dev’esserci, ed entrarne a farvi parte, condividere le procedure, le tecniche d’approvvigionamento, le costruzioni materiali, impararne il linguaggio. E qualora fosse solo una tribù in pectore, intrecciarvi comunque rapporti perché divenga identitaria, dialettica, progressiva. Si, è quello che tocca fare, rimettere in piedi una coscienza comune perché non basta un totem da adorare ai margini della jungla, intorno a cui trotterellare danze felici, per sentirsi vivi, differenti ed uguali allo stesso tempo, capaci di ripensarsi in una prospettiva evolutiva. Dunque, proprio ora che il pericolo è scampato, è giusto il momento per rimboccarsi le maniche, il perché l’ho detto, per quanto riguarda il come… per il momento sono ben accetti suggerimenti, teorie ed ipotesi, oltre che pragmatiche operatività.


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